Perché a me? Come accettare di avere il cancro

I trattamenti aggressivi, il dolore, i sintomi avversi, le limitazioni funzionali, l’incertezza sul futuro, sono solo alcuni degli aspetti che accompagnano la diagnosi di cancro. 

Nei pazienti allo stadio iniziale, subentra anche il timore di recidiva e metastasi; mentre nei soggetti che si trovano già in stadi avanzati, la certezza che la loro vita stia per finire.

Così, oltre alla malattia subentrano disturbi dell’umore e da stress post-traumatico, ansia, depressione, angoscia. “Perché proprio a me?” è una delle prima domande che sorge spontanea. Accettare questa diagnosi non è sempre facile, anzi, non lo è per niente. Tuttavia, l’accettazione del cancro gioca un ruolo fondamentale nell’adattamento psicologico alla malattia. Ce ne parla il dott. Giacomo Calvi Parisetti, psicologo e psicoterapeuta di PsicoCare.

Quali sono gli stravolgimenti che porta con sé la diagnosi di cancro?

Il cancro è uno degli eventi più traumatici e stressanti con il quale può confrontarsi una persona, in quanto si tratta di un processo incontrollabile che invade il corpo e la mente, li trasforma e li conduce, in vari casi, alla morte (Grassi e al., 2003).

Gli effetti della malattia oncologica sono diversi e possono inficiare il paziente a diversi livelli tra loro interconnessi. Nello specifico, i principali effetti del cancro sull’individuo sono i seguenti:

  • A livello fisico: il corpo del malato subisce trasformazioni e modifiche anche violente per gli effetti delle terapie (dolore, mutilazioni, nausea, vomito, perdita di capelli, debolezza). Questi cambiamenti possono compromettere la qualità della vita quotidiana, rendendo l’individuo dipendente dall’aiuto degli altri e facendolo sentire impossibilitato nel vivere a pieno la vita in autonomia.
  • A livello psicologico: la persona si sente insicura, instabile, limitata nella propria libertà, teme la sofferenza, la morte e l’ignoto. La malattia modifica oltre al corpo anche la mente del paziente, costringendolo a un adattamento forzato alla nuova situazione.
  • A livello relazionale: nel paziente viene intaccato e minacciato il senso di appartenenza ai sistemi sociali (micro, come la famiglia e la cerchia di amici stretti, e macro, come il lavoro e la vita di comunità).
  • A livello spirituale: a questo livello, s’intende il senso dato dall’individuo alla vita e alla propria esistenza, questo è sperimentato con un forte coinvolgimento e molte domande vengono autoimposte, in un gioco di dolore, colpa e morte (Frankl, 1984).

Il passaggio dalla salute alla malattia va compreso per ogni singola persona, supportandone l’elaborazione nel tempo rispettandone la naturale evoluzione a livello emotivo: nella maggior parte dei casi si osservano infatti, una fase di allarme pre-diagnostico, una fase acuta ed una fase elaborativa, seguite o dalla guarigione, oppure dalla recidiva, fino agli esiti infausti (Grassi et al., 2003).

Come ci si può sentire dopo la diagnosi di cancro?

Subito dopo la fase di diagnosi e comunicazione della stessa, i pazienti affrontano la “fase terapeutica” in cui inizia il percorso di cura medica effettiva.

In questa fase, il paziente entra in ospedale e può vivere una sensazione di perdita della propria identità personale, fondendosi e cristallizzandosi con la malattia in atto (Torta & Mussa, 2014): oltre all’impatto con la struttura ospedaliera, la persona deve confrontarsi anche con gli effetti delle diverse terapie, che hanno conseguenze psicologiche differenti le une dalle altre.

L’intervento chirurgico viene vissuto sia come fonte di speranza, sia con un sentimento di ansia ed angoscia per le possibili conseguenze a livello di alterazioni dell’immagine corporea e per le mutilazioni che può comportare; la chemioterapia, d’altra parte, viene vista in modo ambivalente come portatrice di speranza di guarigione, oppure come un segnale di incertezza di un risultato positivo (Casali e Licitra, 2002).

È importante che il paziente venga informato sugli aspetti positivi e quelli negativi di ogni terapia e che possa partecipare alle decisioni che lo riguardano con consapevolezza.

Come si può reagire alla malattia?

Successivamente alla fase terapeutica, ed in generale, rispetto alla malattia oncologica, si possono osservare diverse reazioni.

Il paziente, in risposta alla malattia è mosso a cercare nuovi significati relativi sia a sé stesso sia alla malattia passando spesso attraverso periodi di attesa ed incertezza, come in un limbo, dal momento che egli non ha la certezza di essere salvo: alcuni individui adottano un atteggiamento difensivo razionale non manifestando ciò che provano (“thinkers”), altri adottano uno stile centrato sul confronto diretto (“confronters”), altri ancora si lasciano invadere da quello che provano (“feelers”) ed altri invece cercano di sfuggire al problema (“avoiders”) (Parkes, & altri, 1996).

Per quanto riguarda le modalità di reazione dei pazienti alla malattia (stili di coping), possiamo osservare cinque tipologie diverse (Greer et al., 1979; Morris et al. 1985; Greer & Watson, 1987):

  • Spirito combattivo: risposte di confronto, affrontano la malattia come una sfida; ansia e demoralizzazione congrue alla situazione; alta compliance ed adesione alle terapie;
  • Fatalismo: bassi livelli di ansia e depressione, scarso controllo percepito sugli eventi, rassegnazione;
  • Preoccupazione ansiosa: alti livelli di ansia, ricerca costante di rassicurazioni, ricerca di pareri medici o, al contrario, fuga da essi;
  • Disperazione-inermità: alti livelli di ansia e depressione, scarse strategie cognitive e controllo sugli eventi, scarsa compliance, rinuncia;
  • Evitamento: scarsi livelli di ansia e depressione, concentrazione su altri aspetti della vita, scarso confronto, ridotta compliance.

Perché accettare la malattia e quali sono le differenze tra accettazione e rassegnazione?

Rassegnarsi alla diagnosi di cancro significa considerare la malattia come un destino già scritto, che non si può cambiare o controllare, significa arrendersi e non lottare più per una vita appagante, scegliendo di vivere la malattia in modo passivo, rimanendo impotenti di fronte ad essa. Accettarla, al contrario, è la base per il cambiamento e l’adattamento alla malattia. Implica un atteggiamento attivo in cui aumentiamo la nostra consapevolezza e prendiamo maggiormente coscienza della nostra situazione e ciò che ne consegue in tutte le sue sfaccettature dall’ambito medico, a quello psicologico ed emotivo, passando per quello familiare, sociale e lavorativo. L’accettazione, come presa di coscienza di una situazione nuova, per quanto difficile ed avversa possa essere, favorisce in maniera esponenziale un cambiamento pro-attivo, con numerosi benefici relativi al miglioramento della qualità di vita, all’iter terapeutico e all’aderenza alle cure.

Che aiuto può offrirmi lo psicologo psicoterapeuta?

La letteratura scientifica è concorde nell’affermare che, nei pazienti oncologici, il supporto psicologico e sociale porti a un migliore della qualità di vita e del loro decorso della malattia e che, al contrario, la presenza di problematiche emotive conduca ad un peggioramento del quadro clinico del paziente (Boere et. al, 1999; Chida et. al, 2008).

Il paziente oncologico necessita di una presa in carico globale, con interventi diretti ad obiettivi differenti: centrale è l’intervento sul paziente, per contenere il suo stato di sofferenza, aiutarlo a sviluppare comportamenti più adattivi, favorire le comunicazioni tra soggetto, medico e famiglia, restituire al paziente ed alla sua famiglia il senso del futuro e spiegare il peso delle variabili psicologiche sullo sviluppo e la manifestazione delle malattie fisiche (Torta, 2007). Collocandosi nel campo del supporto specialistico, gli interventi psico-oncologici, inducono significative riduzione dei livelli di ansia, depressione e distress, migliorando così la qualità della vita dei pazienti (Kissane et al., 2004; Linden et al., 2011).

Gli obiettivi degli interventi psicologici in ambito oncologico sono (Fawzy, 1995):

  • Diminuzione del vissuto di isolamento, del senso di impotenza, della perdita di speranza;
  • Riduzione della preoccupazioni relative al trattamento;
  • Riduzione dei livelli di ansia e depressione;
  • Consulenza per il chiarimento relativo a dubbi e/o informazioni errate;
  • Responsabilizzazionè nei confronti dei processi di cure e di guarigione;
  • Miglioramento della compliance;
  • Miglioramento della qualità di vita;
  • Creazione e ottimizzazione di strategie di coping adattive.

Gli interventi psicologici si dividono quindi in counseling e psicoterapie (a livello individuale, familiare o di gruppo), principalmente con approccio cognitivo-comportamentale e/o psicodinamico; inoltre sono ampiamente utilizzati interventi di tipo psicoeducazionale, i quali hanno l’obiettivo di chiarire ed informare i pazienti sulle proprie condizioni fisiche, i trattamenti e gli effetti collaterali, spiegare le reazioni emozionali più frequenti ed i problemi che possono essere incontrati nei vari ambiti di vita (Torta, & Mussa, 2014) ed incoraggiare la comunicazione rispetto alla malattia ed al disagio emotivo.

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