La maggior parte di noi vede la rabbia come qualcosa di negativo, pensa che per essere bravi e buoni non dovrebbe mai arrabbiarsi ma mantenere la calma e controllare l’aggressività; tuttavia, il primo errore è proprio questo: dare per scontato che rabbia ed aggressività siano la stessa cosa. Che cos’è dunque la rabbia e come possiamo imparare a gestirla?
Ce ne parla il dott. Andrea Catena, psicologo e psicoterapeuta di PsicoCare.
Che cos’è la rabbia e a cosa serve?
La rabbia fa parte dell’esperienza umana, è un’emozione universale (indipendentemente dall’età, dalla cultura e dall’etnia di appartenenza) e svolge un ruolo fondamentale nella nostra vita perché segnala la violazione dei propri diritti o la presenza di un ostacolo al raggiungimento dei nostri obiettivi. Pertanto, dovrebbe essere intesa come un campanello di allarme che avvisa chi la sperimenta, che qualcosa o qualcuno potrebbe arrecargli un danno, impedirgli di raggiungere un obiettivo o esporlo ad un’ingiustizia.
Ma non solo, la rabbia può essere anche una reazione fisiologica all’impotenza sperimentata di fronte a contesti immodificabili (come un lutto o una diagnosi oncologica) o assolvere alla funzione di preparare all’azione, predisponendo l’individuo ad organizzare comportamenti mirati alla rimozione dell’ingiustizia e/o del danno. Infatti, anche la sola comunicazione verbale e non-verbale (mimica facciale e postura) della propria rabbia può esercitare una certa influenza sul comportamento degli altri.
La rabbia coincide con il forte sentimento di malessere; l’aggressività con l’attacco fisico e verbale. La rabbia può sfociare in comportamenti aggressivi (come urlare o lanciare oggetti) o aumenta la probabilità di metterli in atto.
Le persone che sperimentano livelli elevati di rabbia hanno infatti una probabilità maggiore di compiere azioni ostili (come discussioni accese, distruzione di proprietà o aggressioni fisiche); tuttavia, la rabbia non sfocia sempre in azioni violente e aggressive, così come la violenza e l’aggressione possono verificarsi anche in assenza di rabbia (per esempio nel caso di una rapina dove l’aggressione è puramente strumentale).
Esistono infatti, azioni aggressive depurate dalla rabbia e azioni rabbiose che non possono essere definite aggressive. Si può essere aggressivi pur non essendo arrabbiati (motivati, per esempio, dalla volontà di esprimere dominanza o sottolineare la propria superiorità in un determinato contesto), e si può manifestare rabbia senza essere aggressivi (stringendo i pugni, urlando o digrignando i denti).
Inoltre, la rabbia, se ben gestita, può avere un’importante funzione anche all’interno delle relazioni e dei rapporti interpersonali: ascoltare e validare la rabbia ci permette di individuare i nostri “confini” relazionali, evitando così di sentirci invasi o calpestati dal partner, da un amico o un familiare.
Come si può gestire la rabbia?
Gestire la rabbia non significa controllarla o inibirla, ma modularne la risposta emotiva, adeguandola allo specifico contesto. Dobbiamo fare pulizia iniziale e cominciare a liberare questo sentimento dal concetto di giusto e sbagliato, smettendo di associarla all’aggressività, riconoscendo la giusta dimensione emotiva di questa emozione che, come tutte le altre, deve poter fluire nel modo adeguato.
Reprimerla porterebbe solo all’esplosione della rabbia attinta da vari contesti (in ufficio, nel traffico, con il/la partner o i figli) in una situazione che presa singolarmente non giustificherebbe quel comportamento, portandoci ad esplodere per un nonnulla, con crisi di violenza e aggressività senza limiti, con una doppia ripercussione negativa che potrebbe gli altri a pensare che siamo troppo aggressivi o che ci accendiamo per una sciocchezza e noi ad avere un senso di colpa per il nostro comportamento.
Di seguito, alcuni suggerimenti che potrebbero aiutarci a gestirla nel modo giusto:
· Respira: quando la rabbia ci sta “accecando”, la probabilità di mettere in atto agiti impulsivi aumenta; prendiamoci un attimo per “deattivarci” attraverso la tecnica del respiro lento e permetterci di avere una prospettiva più lucida sull’evento che ha scatenato l’emozione della rabbia;
· Cambia prospettiva (perspective taking): invece di andare subito all’attacco di chi ha prodotto un danno, proviamo a chiederci quali siano le sue motivazioni. Magari non era sua intenzione fare del male o farci arrabbiare;
· Comunica in maniera assertiva: affronta esplicitamente quella che pensi possa essere una concausa della rabbia. Quando la rabbia è ormai sbollita, vai e chiarisci con calma i motivi della tua rabbia. Coltiva la tua assertività, imparando a rispettare gli altri senza calpestarli e soprattutto impara a rispettare te stesso, senza farti calpestare.
· Chiedi aiuto a specialisti che possano darti una mano a gestire la tua rabbia. Esprimere la rabbia non significa distruggere o distruggersi.