Nomofobia negli adolescenti e giovani adulti: come riconoscere la dipendenza dai cellulari?

Negli ultimi anni, i telefoni cellulari sono diventati indispensabili nella vita quotidiana, rivoluzionando non solo il modo in cui ci relazioniamo con gli altri, ma anche le dinamiche lavorative e di intrattenimento. Ci permettono di telefonare, inviare messaggi, rimanere informati, navigare sui social media, scattare foto, leggere e-mail e molto altro.

Tuttavia, l’uso spasmodico del cellulare può avere anche conseguenze negative, come tutti i modelli di consumo che creano dipendenza, e portare alla nomofobia, ovvero la paura di restare senza cellulare.

Ce ne parla la dott.ssa Simona Sartori, psicoterapista specializzata in età evolutiva, presso Humanitas PsicoCare e Humanitas Medical Care Torino Principe Oddone.

Che cos’è la nomofobia?

La nomofobia (No MObile PHone PhoBIA) si riferisce alla preoccupazione o alla paura che le persone provano quando sono senza il cellulare o non possono usarlo. Il termine è stato coniato per la prima volta nel 2008.

È un disturbo che interessa tutte le fasce di età, ma in particolare sono gli adolescenti e i giovani adulti ad utilizzare lo smartphone in tutti gli ambiti della propria vita: scuola, relazioni di amicizia e sentimentali, divertimento, interessi, intrattenimento.

In una ricerca del 2020 condotta dal professore dell’Università del Connecticut David Greenfield sulla correlazione tra uso di smartphone e sintomi ansiosi tra gli adolescenti è emerso che la nomofobia è significativamente associata a depressione, ansia e scarsa qualità della vita. Su 1386 adolescenti, 569 (41,05%), 303 (21,86%) e 82 (5,1%) presentano rispettivamente una nomofobia lieve, moderata e grave. Il fenomeno sembrerebbe interessare soprattutto gli adolescenti maschi. Questo confermerebbe quanto la dipendenza da smartphone abbia effetti sulla salute psico-fisica dei ragazzi.

Nomofobia: come si manifesta nei giovani 

Gli adolescenti e i giovani adulti con nomofobia hanno la paura costante di perdere qualcosa (come messaggi, eventi e post sui social media) e si sentono ansiosi quando dimenticano il proprio smartphone o riscontrano problemi di batteria o di connessione. Il loro interesse principale è ciò che succede nel mondo virtuale più che in quello reale, dimostrando poco coinvolgimento nelle attività scolastiche, nello studio (pur avendo scelto il percorso di studi universitari) nelle relazioni con i propri amici. Non resistono all’impulso di utilizzarlo durante le lezioni o mentre dovrebbero e vorrebbero studiare e vivono nel costante bisogno di controllo su ciò che viene “pubblicato” su TiK Tok e nell’ansia di “perdersi qualcosa” di importante. Invece di essere uno strumento utile che scelgono di utilizzare con consapevolezza, diventa uno strumento da cui dipendono e che attiva in loro veri e propri sintomi di astinenza.

Si può parlare di dipendenza da cellulare?

Sì, perché  si instaura un circolo vizioso in cui aumenta il bisogno di stare al cellulare e quindi si attivano dei comportamenti disfunzionali: pensieri ricorrenti indirizzati verso il cellulare, sintomi di astinenza (nel caso in cui non si possa utilizzare il cellulare), ansia, irritabilità, compromissione delle relazioni sociali e affettive.

Come emerge in una ricerca del 2002 sempre condotta dal professore David Greenfield, l’attaccamento allo smartphone è molto simile a tutte le altre dipendenze, in particolare a quella del giocatore d’azzardo. L’utilizzo dello smartphone attiva la produzione di dopamina, il neurotrasmettitore che regola il circuito cerebrale della ricompensa, Quando compare una notifica sul cellulare sale il livello di dopamina, e la spinta a trovare qualcosa di gratificante e sorprendente, indipendentemente da quello che il messaggio effettivamente comunicherà. Si attiva un continuo controllo per verificare se arriverà davvero qualcosa di piacevole e sorprendente come succede al giocatore di azzardo che è in continua attesa di una eccitante e sorprendente vincita.

Quali potrebbero essere i sintomi di nomofobia?

Alcuni degli indicatori di nomofobia sono:

  1. Incapacità di spegnere il dispositivo mobile.  
  2. Disagio all’idea di essere fisicamente distanti dal dispositivo mobile.
  3. Preoccupazione di non poter chiedere aiuto in assenza del dispositivo.
  4. Cercare sollievo dalle frustrazioni della vita reale nel mondo virtuale.
  5. Scarso interesse e capacità progettuali sulla vita reale con conseguente senso di ansia, di angoscia  e depressione.

Quali sono i fattori di rischio per la nomofobia?

Si ritiene che tra i fattori di rischio che possano contribuire allo sviluppo della nomofobia ci sia la difficoltà dei ragazzi di sentirsi all’altezza di vivere le relazioni interpersonali e di realizzare i propri compiti evolutivi nella vita reale. Si sviluppa come una dipendenza a tutti gli effetti e per questo di difficile gestione. Più i ragazzi si rifugiano nel mondo virtuale, più si sentono e diventano incapaci di affrontare le frustrazioni, le delusioni, le gioie e le soddisfazioni del mondo reale.

Come può essere trattata la nomofobia?

Il trattamento della nomofobia deve partire da un primo riconoscimento da parte del ragazzo di quanto la nomofobia lo renda infelice e incapace di realizzare un progetto personale di crescita soddisfacente. Oppure possono essere i genitori a richiedere un supporto su come gestire le difficoltà dei figli rispetto all’utilizzo del cellulare.

Ci si può rivolgere ad uno psicoterapeuta specializzato in età evolutiva che potrà aiutare, attraverso l’utilizzo di tecniche specifiche, a comprendere e a modificare il proprio rapporto con lo smartphone e con gli altri e a costruire relazioni migliori con le persone e con se stessi.

In alcuni casi potrebbe anche essere necessario una terapia farmacologica, ma sarà uno psichiatra a dare le indicazioni più consone al caso specifico.

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Bibliografia:

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https://www.mdpi.com/2254-9625/13/8/107