La solitudine: un fattore di rischio per la salute psicofisica

La solitudine è un noto fattore di rischio a livello scientifico per la salute psicofisica, ma questo legame è ancora poco divulgato e conosciuto. Contrariamente allo stereotipo che la associa principalmente agli anziani, la solitudine può colpire persone di tutte le età, rappresentando un rischio significativo per chiunque.

La dott.ssa Giovanna Vanni, psicoterapeuta medico presso Humanitas PsicoCare, sottolinea l’importanza delle relazioni sociali e la necessità di riconoscere e affrontare questo problema.

Che cosa si intende per solitudine?

La solitudine è una sensazione di isolamento, di non appartenenza, disconnessione o mancanza di contatto sociale significativo. Può manifestarsi sia in situazioni di effettivo isolamento fisico, sia in contesti sociali dove l’individuo, nonostante la presenza di altre persone, si sente comunque emotivamente isolato. La solitudine non è necessariamente legata alla quantità di interazioni sociali, ma piuttosto alla qualità di queste e alla percezione personale delle relazioni.

Nel 2018 è stato istituito il Ministero della Solitudine nel Regno Unito, segnalando come questa problematica fosse già rilevante prima della pandemia di COVID-19. Da allora altri paesi come Canada e Giappone hanno seguito l’esempio riconoscendo la solitudine come un problema serio per la salute. Nel 2023, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato la solitudine una minaccia urgente istituendo una commissione presieduta dal dottor Vivek Murthy, chirurgo generale.

Sono entusiasta di lavorare a stretto contatto con un gruppo eccezionale di commissari per promuovere la connessione sociale, una componente vitale del benessere. Insieme, possiamo costruire un mondo meno solitario, più sano e più resiliente. Date le profonde conseguenze sanitarie e sociali della solitudine e dell’isolamento, abbiamo l’obbligo di attuare gli stessi investimenti nella ricostruzione del tessuto sociale della società che abbiamo effettuato per affrontare altri problemi di salute globale, come l’uso del tabacco, l’obesità e le dipendenze“, ha dichiarato il dottor Vivek Murthy.

Quali sono i fattori che predispongono alla solitudine?

L’Istituto Superiore di Sanità afferma che “le persone più vulnerabili alla solitudine includono:

  • coloro che non hanno una rete di amicizie né una famiglia
  • madri o padri soli, o chi si prende cura di qualcun altro, ad esempio le persone che si occupano di un genitore anziano e hanno poco tempo per mantenere una vita sociale
  • pensionati
  • coloro che si sono trasferiti in una nuova zona, hanno cambiato lavoro, scuola o università
  • chi è escluso dalla società, a causa di problemi di mobilità o per mancanza di denaro
  • persone con disabilità o malattie croniche
  • coloro che subiscono discriminazioni, a causa del proprio genere, etnia od orientamento sessuale
  • coloro che hanno subito abusi sessuali, fisici o psicologici
  • coloro che stanno affrontando un lutto
  • persone con problemi di ansia sociale (condizione di disagio e paura in situazioni sociali)

Altri eventi significativi della vita come l’acquisto di una casa, la nascita di un bambino o la pianificazione di un matrimonio possono talora portare a sentimenti di solitudine.

La solitudine può anche essere causata da una bassa autostima, poiché le persone che non hanno fiducia in se stesse credono di non essere degne dell’attenzione degli altri e si isolano fino a evitare qualsiasi tipo di contatto sociale.

È importante non confondere la solitudine con l’essere temporaneamente soli o sentirsi soli in modo saltuario, in quanto quest’ultima situazione può spingere a cercare il supporto delle persone vicine.

Quali sono i rischi associati alla solitudine?

La letteratura scientifica ha evidenziato i seguenti rischi:

  • aumento significativo del rischio di morte prematura, paragonabile ai rischi associati al fumo, all’obesità e all’inattività fisica
  • aumento del rischio di demenza, malattie cardiache e ictus
  • depressione, ansia e rischio di suicidio
  • maggior rischio di morte in chi soffre di scompenso cardiaco
  • aumento del rischio di malattie croniche come diabete di tipo 2 e ipertensione.

Parallelamente altri studi evidenziano come le ‘buone’ relazioni proteggano la nostra salute. Per esempio l’Harvard Study, uno studio longitudinale iniziato nel 1938 negli Stati Uniti, ha indagato per tre generazioni molteplici fattori psicofisici che potessero essere associati al benessere e alla longevità: tra essi, è spiccato maggiormente avere delle relazioni appaganti e riferite come di buona qualità.

Il bisogno di appartenenza a un gruppo è profondamente biologico, ci fa sentire sicuri e ci rende più resilienti allo stress, contribuendo alla nostra salute.

Come combattere la solitudine?

Il primo passo per combattere la solitudine è riconoscerla e riflettere su come ci si sente all’interno delle proprie relazioni. Non ci si deve criticare per il fatto di sentirsi soli, poiché ciò peggiora la situazione. L’autonomia nella nostra cultura è un valore importante, ma deve essere intesa come un equilibrio tra indipendenza e appartenenza sociale.

Chi avesse il dubbio di soffrire di solitudine può  rivolgersi al medico di base o a uno psicoterapeuta. Lo specialista dovrà informarsi rispetto alla vita sociale della persona e chiedere apertamente se si senta supportata o sola. Andare da uno psicoterapeuta per occuparsi di questo fattore di rischio è importante quanto andare dal cardiologo, dal diabetologo o qualunque altro specialista.

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Fonti:

I.         The U.S. Surgeon General’s Advisory on the Healing Effects of Social Connections and Community, 2023

II.        Lezioni sulla felicità, R. Waldinger, 2023

III.       Istituto Superiore di Sanità, 2022

IV.       Allen KA, et al. “Belonging: A Review of Conceptual Issues, an Integrative Framework, and Directions for Future Research,” Aust J Psychol, 2021

 V.      Introduzione alle neuroscienze sociali, Cacioppo & Cacioppo, 2021