Bulimia nervosa in età evolutiva, come riconoscerla?

Negli ultimi anni, i casi di disturbi alimentari sono aumentati in modo esponenziale. Durante la fase dell’adolescenza, la bulimia nervosa, un disturbo che consiste nell’assumere grandi quantità di cibo per poi liberarsene tramite vomito indotto o lassativi, rappresenta una delle preoccupazioni più grandi, non solo perché è la più difficile da riconoscere (la maggior parte delle persone è di peso normale o anche leggermente sovrappeso), ma anche perché in Italia, la fascia d’esordio, si assesta tra i 15 ed i 19 anni, rappresentando un problema di primaria importanza, poiché le conseguenze organiche della malattia possono portare a danni permanenti ai tessuti che non hanno ancora terminato lo sviluppo.

Ce ne parla il dott. Andrea Catena, psicologo e psicoterapeuta presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care Domodossola a Milano e Humanitas Medical Care Monza e specialista del centro Psico Medical Care.

Chi colpisce maggiormente la bulimia?

La bulimia tende a colpire maggiormente le donne, in quanto più esposte a ideali di “magrezza” associati sempre più spesso a quelli di bellezza (a differenza degli uomini dove la “bellezza” è collegata maggiormente alla tonicità muscolare) ma non solo. Anche l’esposizione ai media, l’interiorizzazione di un modello di corpo ideale o la pressione sociale, rappresentano fattori di rischio per l’insorgenza e l’aggravamento di un disturbo alimentare, così come lo sviluppo puberale, il momento nel quale il cambiamento delle proporzioni corporee femminili è più netto. 

Non vanno quindi tralasciati i fattori genetici, ormonali e neurobiologici. Uno di questi potrebbe essere il ruolo degli ormoni sessuali nella regolazione della serotonina (un neurotrasmettitore cerebrale che svolge un ruolo chiave nella regolazione dell’ansia, del tono dell’umore, dell’impulsività e delle sensazioni di fame e sazietà). Alcuni studi hanno rilevato che nelle donne (ma anche negli animali di sesso femminile) la reazione allo stress produce più frequentemente un’alterazione del comportamento alimentare. Per questo, la bulimia può essere spiegata tramite un modello bio-psico-sociale che prende in esame l’individuo della sua interezza nelle sue componenti biologiche, psicologiche e sociali.

Quali possono essere i fattori di rischio della bulimia?

Non esistono fattori di rischio collegati direttamente allo sviluppo della malattia, ma possono esserci delle concause che possono contribuire al suo sviluppo, come:

  • familiarità con disturbi del comportamento alimentare o depressione
  • abuso di sostanze
  • eventi traumatici o malattie croniche
  • insoddisfazione della propria immagine corporea, unita a scarsa e autostima e perfezionismo
  • comportamenti dietetici persistenti
  • sovrappeso/obesità durante l’infanzia
  • episodi di bullismo per la propria forma fisica
  • social network

Sebbene i social network non possano essere identificati come unica causa dei disturbi alimentari, vi sono alcune problematiche strettamente connesse, come il body shaming, che potrebbero incidere negativamente sull’autostima del soggetto e sulla percezione che ha del proprio corpo. Inoltre, molto spesso, sui social, la bellezza è improntata su un’estetica lontana dalla salute, fattore che potrebbe contribuire – seppur inconsciamente – a normalizzare condotte alimentari disadattive. Anche l’utilizzo delle videoconferenze o della DAD, sebbene abbia reso possibile lo svolgimento di molte attività per lavoratori e studenti, può aver contribuito ad aumentare le preoccupazioni per il proprio aspetto (è come se ci “guardassimo allo specchio” ripetutamente mentre parliamo con altre persone). Inoltre, durante il lockdown si è assistito ad un incremento del download di app per la salute e il fitness, insieme ad una maggior preoccupazione per la salute e la forma fisica.

Quali sono i campanelli d’allarme della bulimia?

Come dicevamo, i segni di bulimia non sono sempre immediatamente riconoscibili. Tuttavia, alcuni di questi potrebbero essere:

  • Aver paura di ingrassare
  • Essere preoccupati per il peso e la forma del corpo
  • Non piacersi e vergognarsi ad uscire in pubblico
  • Non riuscire a controllare il proprio comportamento a tavola
  • Praticare attività fisica eccessiva
  • Costringersi a vomitare o utilizzare lassativi, diuretici o clisteri per eliminare il cibo ingerito andando spesso in bagno durante o dopo i pasti
  • Limitare le calorie o evitare certi cibi

Cosa fare in caso di sospetta bulimia?

Generalmente, chi soffre di bulimia tende a nascondersi perché prova vergogna, abbuffandosi in solitudine per molto tempo, senza che la famiglia ne sia a conoscenza, fino a quando la persona non confessa la propria difficoltà con il cibo, perché sente che le strategie di controllo che ha provato a mettere in atto non funzionano.

In questi casi, è opportuno parlare con la persona in privato, cercando di essere gentili e delicati, incoraggiandola a cercare aiuto da un professionista esperto di tali problematiche e condividendo con lei la nostra preoccupazione. Uno psicoterapeuta potrà darle una spiegazione del meccanismo che la sta intrappolando e, successivamente, offrirle strategie per superarlo.

Se siamo i genitori di una figlia che soffre di bulimia nervosa, spesso cerchiamo i perché, iniziando a domandarci dove abbiamo sbagliato. Tuttavia, colpevolizzarsi non serve a niente, anzi spesso è controproducente.Così come non serve avere un atteggiamento di critica o un’elevata aggressività, perché sono atteggiamenti possono portare a sviluppare un clima familiare disfunzionale che può aggravare o mantenere il disturbo alimentare.

Allo stesso modo è importante non colpevolizzare la persona. La bulimia nervosa, come gli altri disturbi dell’alimentazione, non sono affrontabili con la semplice forza di volontà. Serve prima di tutto conoscenza di quelli che sono i meccanismi che mantengono la problematica. Solo a partire da questa consapevolezza e con gli strumenti adeguati, è possibile affrontare la malattia.

Non tenere cibo in casa o addirittura tenere chiusa a chiave la dispensa, sono tutte strategie inutili che anzi incentivano la persona che soffre di bulimia a ricercare ancora più in segreto del cibo.

Che tipo di lavoro può fare lo psicologo su una ragazza bulimica?

Il trattamento per i disturbi del comportamento alimentare, come la bulimia, è un trattamento multidisciplinare che coinvolge diverse figure (come medico psichiatra, medico internista, biologo nutrizionista, psicoterapeuta), in grado di cogliere la complessità del sintomo.

Generalmente, il lavoro dello psicologo inizia focalizzandosi sulla gestione della fase “acuta” del disturbo dell’alimentazione (come ad esempio lavorare sulla diminuzione degli episodi di digiuno, di vomito e/o di abuso lassativi e della frequenza delle crisi bulimiche); successivamente, la terapia si pone l’obiettivo di affrontare tutte le problematiche che presentano una connessione con il disturbo dell’alimentazione e soprattutto le difficoltà familiari e relazionali (come la mancanza di assertività), lo sviluppo di una fragile autostima e le possibili cause che hanno favorito il disturbo dell’alimentazione.

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