Emozioni: come riconoscerle e gestirle?

Fare attività fisica, mangiare sano e condurre una vita attiva, sono attività fondamentali per la salute fisica. Ma cosa facciamo per il nostro benessere emotivo? Gestire le emozioni è altrettanto importante per la salute psicologica. Spesso ci concentriamo sul corpo, dimenticando di allenare il nostro cervello emotivo. Imparare a gestire lo stress, essere più empatici e vivere in equilibrio con il nostro modo di essere, sono abilità cruciali.

Ce ne parla la dott.ssa Elena Catenacci, psicologa di Humanitas PsicoCare.

Cosa sono le emozioni?

Le emozioni sono processi complessi che si attivano nel nostro organismo in risposta a stimoli ambientali, che ci consentono di valutare rapidamente le situazioni e agire al meglio in un’ottica di adattamento.

L’etimologia della parola emozione è da ricondursi al latino e-movere, “portare fuori”, e indica un movimento: in situazioni di attivazione emotiva l’organismo è spinto ad agire, investendo energia psicofisica.

Da cosa sono costituite le emozioni?

Le emozioni sono costituite da diverse componenti (Camaioni e Di Blasio, 2002):

  • valutazione cognitiva (o appraisal): il nostro cervello in una manciata di secondi valuta le caratteristiche più importanti dello stimolo (pericolosità vs sicurezza; novità vs familiarità; piacevolezza vs spiacevolezza; etc)
  • attivazione fisiologica (o arousal): il nostro corpo modifica i propri parametri per rispondere allo stimolo in modo efficace e rapido (pressione, tono muscolare, frequenza respiratoria, conduttanza cutanea,..)
  • espressioni verbali e non verbali: queste includono sia le parole usate per descrivere l’emozione sia il linguaggio del corpo come espressioni facciali, postura, gesti
  • tendenza all’azione: l’emozione ci spinge ad agire in modo automatico in una determinata direzione.

Di fronte ad un evento attivante, quindi, la valutazione cognitiva di quest’ultimo porterà a cambiamenti fisiologici e espressivi, che si tradurranno in comportamenti adattivi specifici.

Quali sono le emozioni primarie?

Le emozioni sono state studiate in una vasta gamma di contesti e secondo numerose prospettive. Una delle teorie più accreditate, quella evoluzionista, pone l’accento sulla funzione delle emozioni nella nostra vita, partendo da studi che hanno coinvolto popolazioni di tutto il mondo e di tutte le fasce di età. 

A partire dagli anni ‘50 lo psicologo statunitense Paul Ekmann, riprendendo gli studi di Charles Darwin, ha scoperto che alcune emozioni sono riconoscibili in tutte le culture del mondo, poiché vengono descritte ed espresse in modi sostanzialmente sovrapponibili.

Queste emozioni non sembravano essere frutto di processi di apprendimento ambientale, ma sono presenti in ogni essere umano fin dalla nascita. Inoltre, tali emozioni non possono essere scomposte in emozioni più semplici.

Emozioni di questo tipo, universali, innate e primarie, sono state identificate in un numero limitato: la maggior parte degli studi ha individuato 5/6 emozioni di base:

  • Tristezza: è l’emozione che si prova quando si perde qualcosa di caro o in seguito ad eventi sfortunati (valutazione cognitiva di perdita), rispetto ai quali non riusciamo a trovare nessuna possibile alternativa. Le manifestazioni possono includere crisi di pianto, passività, anedonia (incapacità provare piacere per attività che un tempo si amavano), perdita di appetito e insonnia. Le persone tristi presentano segni fisici come postura ricurva, fronte corrugata, labbra piegate e sguardo perso nel vuoto. La tristezza spinge alla solitudine per creare uno spazio/tempo di elaborazione e accettazione della perdita, oppure alla ricerca di vicinanza per trovare conforto e aiuto nel superarla.
  • Gioia: è l’emozione che si prova quando si ottiene qualcosa di importante per il proprio benessere/realizzazione personale (valutazione cognitiva di guadagno). Le manifestazioni includono energia, sensazione di pienezza, desiderio di prolungare la situazione che si sta vivendo. Le persone felici presentano comportamenti non verbali come volto aperto e sorridente, postura morbida e tendenza alla vicinanza prossimale agli altri. La felicità contiene il messaggio “trattieni ciò che hai ottenuto e ripetilo il più spesso possibile”, con la funzione di ottenere e mantenere delle risorse.
  • Rabbia: è l’emozione innata che si manifesta quando le persone percepiscono di aver subito un torto o un’ingiustizia, o davanti a situazioni in cui qualcosa o qualcuno ha impedito il raggiungimento di un obiettivo (valutazione cognitiva di ostacolo). Mentre esperiamo la rabbia possiamo avvertire una grande energia e calore, sentire il corpo teso e i muscoli contratti. Spesso viene accompagnata dall’impulso di colpire, urlare o ferire l’altro. Per le sue possibili conseguenze negative a livello relazionale, la rabbia viene spesso giudicata come “sbagliata”, da evitare, mentre deve solamente essere gestita nella sua modalità espressiva, e ha una funzione adattiva, spingendo la persona ad agire quando si sente minacciata. Il suo scopo è la rimozione dell’ostacolo percepito.
  • Paura: è la risposta a situazioni minacciose (percezione cognitiva di pericolo) e  promuove la sopravvivenza dell’individuo. La risposta fisiologica della paura, anche nota come “risposta di attacco-fuga”, è composta da cambiamenti corporei come: battito cardiaco accelerato, tensione muscolare, respiro veloce, aumento della pressione sanguigna. Tali modificazioni hanno la funzione di mettere l’organismo nella condizione di poter fuggire dal pericolo nel minor tempo possibile. 
  • Disgusto: è l’emozione primaria che si attiva di fronte alla percezione di qualcosa di nocivo per la nostra salute (valutazione cognitiva di veleno). Ci tiene alla larga da alimenti e sostanze che potrebbero arrecare danno, ma si attiva anche di fronte a situazioni moralmente inaccettabili, permettendo di mantenere l’integrità morale oltre che fisica. L’espressione facciale del disgusto è oltremodo tipica, con il naso arricciato e il labbro leggermente sollevato. L’azione a cui ci spinge questa emozione è allontanarci dallo stimolo disgustoso oppure vomitare al fine di espellere il veleno.

Cosa si intende per emozioni secondarie?

Accanto alle emozioni primarie esiste un’ampia gamma di emozioni dette secondarie, che sono più complesse, possono essere una combinazione di più emozioni primarie, e sono sensibili al contesto culturale e sociale di appartenenza. 

Tali emozioni differiscono da popolazione a popolazione e spesso anche da famiglia a famiglia, determinando una costellazione emotiva unica in ciascun individuo. Le emozioni secondarie sono in numero molto maggiore rispetto alle primarie, tutte quelle che possiamo provare nel corso di una vita:

  • Senso di colpa: è un’emozione complessa legata alla morale e al comportamento, che si inizia a delineare più tardivamente rispetto alle emozioni di base (come la gioia e la rabbia), quando una persona percepisce di aver agito in modo trasgressivo rispetto alle norme sociali. Il senso di colpa si manifesta con rimorso e rimpianto rispetto ad un comportamento messo in atto precedentemente, portando ad uno stato di tensione che chiede di essere in qualche modo risolto. 
  • Vergogna: è un’emozione che implica la percezione di un giudizio negativo da parte degli altri. Si sviluppa con la maturazione del sé e riguarda la consapevolezza dell’immagine personale. Il suo ruolo sembra decisivo nell’evitare il rifiuto e l’esclusione da parte del gruppo sociale di appartenenza (amici, famiglia, comunità).

Cosa si intende per emotività patologica?

Abbiamo visto come le nostre emozioni siano meccanismi utili, rapidi e funzionali all’adattamento. Senza di esse non sapremo evitare i pericoli (reali, sociali, futuri), non riusciremo a reagire di fronte alle ingiustizie e non sapremo superare le perdite né capire cosa ci piace e impegnarci nel realizzarlo. E molto altro.

Perché le emozioni possano agire per il nostro bene, tuttavia, esse devono essere coerenti e proporzionali agli eventi che le scatenano. In alcuni casi, può accadere che, per cause complesse di natura biologica, psicologica e sociale, le emozioni non siano funzionali, favorendo quindi il superamento dei problemi e l’adattamento ai cambiamenti, ma possano ostacolare la funzionalità e la qualità di vita delle persone: la paura può diventare fobia, la tristezza depressione, la rabbia può dominare la scena e impedirci di costruire relazioni buone con gli altri, il senso di colpa può diventare pervasivo e dannoso, e così via.

Come gestire le emozioni in modo consapevole e superare i disturbi emotivi?

Per una buona gestione emotiva il primo passo è nominare e conoscere le proprie emozioni: come si manifestano, cosa le scatena, quali conseguenze hanno. La consapevolezza emotiva, infatti, può aiutare a migliorare il benessere psicologico e a sviluppare relazioni più sane. Uno psicoterapeuta cognitivo-comportamentale può essere d’aiuto nell’apprendere strategie nuove di gestione emotiva e modificazione comportamentale, che possono essere focalizzate sulla situazione scatenante, sull’intensità dell’emozione stessa, sui pensieri disfunzionali che mantengono e prolungano l’emozione o sui comportamenti conseguenti.

Infine, quando le emozioni diventano patologiche può essere necessario l’intervento dello psichiatra capace di permettere la normalizzazione delle emozioni patologiche con mirati interventi farmacologici

Nella maggior parte dei casi, la terapia integrata psicofarmacologica e psicoterapeutica garantisce i risultati migliori per aiutare chi soffre di disturbi emotivi a ritrovare la serenità e la libertà.

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Bibliografia:

Darwin, C. (1872). L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli altri animali.

Ekman, P.; Friesen, W.V.; Ellsworth, P.C. (1972). Ekman, P.; Friesen, W.V. (1978). Facial Action Coding System.

Ekman, P. (2008). Te lo leggo in faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste. Editore Amrita, collana Scienza e Compassione

Camaioni, L.; Di Blasio, P. (2002). Psicologia dello Sviluppo. Il Mulino.

Siegel, D.J. (2001). Toward an interpersonal neurobiology of the developing mind: Attachment relationships, “mindsight,” and neural integration. Infant Mental Health Journal, 22, 67–94.