Dal 1999, ogni 21 febbraio viene celebrata la Giornata Mondiale della Lingua Madre. Una ricorrenza importante che ci permette di rimettere al centro dell’attenzione l’istruzione, sia dal punto di vista educativo che didattico, perché le differenze linguistiche degli studenti, non siano più viste come un punto di svantaggio ma uno strumento di inclusione scolastica, in cui la lingua e la cultura di uno studente straniero rappresentano una risorsa piuttosto che un ostacolo, diventando ricchezza per l’intera classe.
Tuttavia, quando un bambino bilingue presenta difficoltà di linguaggio si tende a credere che sia colpa del bilinguismo. Ma è davvero così?
Lo abbiamo chiesto alla dott.ssa Laura Stella, logopedista di PsicoCare.
Che cos’è il bilinguismo?
Il bilinguismo è un fenomeno molto vario: difficilmente troviamo bambini bilingue che presentano le stesse caratteristiche.
Un bambino nato in una famiglia dove si parla sia italiano che inglese, che viene inserito in una scuola bilingue, avrà una competenza ed un uso diverso del linguaggio rispetto ad un bimbo esposto all’inglese fino ai 3 anni e poi inserito in una scuola italiana.
Il grado di competenza, infatti, non può essere lo stesso. È necessario considerare il momento della prima esposizione, il contesto di esposizione e il grado di competenza.
Nel momento della prima esposizione possiamo distinguere:
1. il bilinguismo precoce, se il bambino è esposto a due lingue fin dalla nascita (per esempio quando i genitori hanno una lingua madre diversa)
2. il bilinguismo tardivo se il bambino viene esposto alla seconda lingua dopo i primi 2/3 anni di vita (ad esempio un bimbo che a casa parla francese e viene inserito in un asilo italiano)
Nel contesto di esposizione riconosciamo:
1. il bilinguismo familiare, quando le due lingue vengono parlate in famiglia
2. il bilinguismo scolastico, quando la seconda lingua viene parlata solo a scuola
Questi fattori incidono sul grado di competenza che il bambino avrà nelle due lingue. Per acquisire una lingua, infatti, è necessario che il bambino venga esposto ai suoni del linguaggio fin dalla nascita (momento in cui il suo cervello è estremamente ricettivo rispetto ai suoni del linguaggio), con un’esposizione costante e informale (ovvero senza che ci sia una spiegazione delle regole e della struttura della lingua).
Se la lingua viene appresa a scuola in un contesto formale per un’ora a settimana non si può parlare di bilinguismo ma di apprendimento di una lingua.
Nel grado di competenza possiamo invece identificare:
1. il bilinguismo bilanciato, quando la competenza è simile nelle due lingue,
2. il bilinguismo dominante, quando il bambino è più competente in una delle due lingue.
Il bilinguismo può causare un ritardo di linguaggio?
Non esiste una correlazione tra bilinguismo e difficoltà di linguaggio.
I bambini bilingue raggiungono le stesse tappe di sviluppo linguistico (negli stessi tempi) degli altri bimbi (la lallazione tra i 6-10 mesi, le prime parole intorno all’anno e le prime combinazioni di parole intorno ai due anni).
Talvolta può sembrare che i bambini bilingue abbiano un vocabolario ridotto in entrambe le lingue. Tuttavia, per valutare il vocabolario in presenza di bilinguismo è necessario considerare la competenza complessiva del bimbo, ovvero il vocabolario della prima lingua e il vocabolario della seconda lingua: se il bambino conosce, utilizza e comprende la parola “home” ma non “casa” questa fa comunque parte del suo vocabolario complessivo.
Il bilinguismo può confondere il bambino?
Succede spesso che un bambino (ma anche un adulto) bilingue utilizzi due lingue nella stessa frase (ad esempio, “voglio tornare at home”). Tuttavia, si tratta di un fenomeno fisiologico molto comune chiamato “code-mixing” (e non di un disturbo del linguaggio): una strategia comunicativa positiva e adeguata dove il bambino colma la lacuna che ha in una lingua con quella per lui predominante.
Perché è importante mantenere entrambe le lingue?
Eliminare la lingua madre (favorendo quella utilizzata nella scuola ad esempio) costringe i genitori del bambino a parlare in una lingua in cui non sono pienamente competenti, con il rischio di dare al bambino un modello scorretto che renderà più complessa l’acquisizione.
Vari studi confermano come la presenza del bilinguismo a livello cognitivo sia una risorsa per il bambino e per l’adulto. Ma non solo: includere le differenze linguistiche nell’ambito scolastico, consente una maggiore inclusione degli studenti stranieri che non partiranno più svantaggiati e si sentiranno meno esclusi dalla classe.
Cosa devo fare se un bambino bilingue mostra difficoltà nel linguaggio?
Se vengono notate delle difficoltà nel raggiungimento delle tappe di sviluppo del linguaggio è importante rivolgersi ad uno specialista per valutare il caso specifico e l’esposizione che il bambino ha avuto: il bambino acquisisce una lingua sentendo l’adulto parlare. Se l’esposizione non è stata sufficiente (sia come tempi sia come qualità) il bimbo potrebbe non aver acquisito adeguatamente la lingua.